La passione contagiosa di Francesca

Katia Stancato
Katia Stancato

Vorrei fare alcune riflessioni. Sull’autrice, poi sul libro ed infine sulle donne di Calabria. Quando Francesca mi ha detto che sarebbe uscito il suo libro, ho pensato, anche un libro? Ma dove lo prende il tempo. Francesca è una persona estremamente dinamica. E’ una donna in movimento, in continua evoluzione. Un talento di questa terra, proprio dei nostri luoghi, del Tirreno cosentino. Ci siamo conosciute qualche anno fa. Sino ad allora la leggevo quotidianamente sulla Provincia Cosentina o sulla Gazzetta del Sud e ne apprezzavo la lucidità, la linearità del suo pensiero che traduceva in un chiaro linguaggio giornalistico. L’ho conosciuta per via di un interesse comune, l’amore per il nostro mare, il paesaggio ma anche la passione per la scoperta dei vecchi mestieri, il recupero delle nostre tradizioni locali. Non so dire se eravamo influenzate da questa intesa sui temi, ma è stata subito empatia, ci siamo subito sintonizzate sui nostri reciproci mondi interiori e abbiamo da subito sentito cosa si agitava in noi. Francesca attira la curiosità per due aspetti in particolare: il suo sorriso bellissimo, aperto, sincero e il piacevole italiano con un lieve accenno romano che, dopo trent’anni di vita vissuta e invischiata di calabresità, non ha perso. E’ calabrese per scelta, ma ha mantenuto quella giusta imparzialità verso la nostra società che la rendono una persona libera nell’approccio con le persone, senza pregiudizio, sempre incuriosita dalle nuove esperienze e conoscenze e, soprattutto pronta a mettersi in gioco, sempre. Anche a costo di soffrire. L’ho rivista più volte nel corso degli anni e la cosa che mi ha sempre sorpresa è questa mancanza di staticità, quel suo essere sempre nuova, diversa, sorprendente tanto nell’aspetto quanto nelle idee, nelle visioni. Francesca è una persona che si rinnova continuamente, ormai credo, per una sua inguaribile necessità.

Nel Suo libro questo temperamento traspare: è il gioco di rendere attuali profili femminili della storia della letteratura, di provare a calarli nel contesto contemporaneo per rivalutarli alla luce della storia contemporanea, dei sentimenti e della condizione della donna di oggi. E’ quasi un modo per dire che non bastano più parole per descrivere la complessità e la pienezza della donna, forse occorre far rivivere Penelope, Elena, Desdemona, Francesca “di Paolo e di Dante” per farci riflettere su quanto l’amore e la sofferenza delle donne abbiamo contribuito a costruire la storia degli uomini. E’ un approccio nuovo, ma anche coraggioso. Personalmente l’ho trovato geniale, un metodo di racconto della società moderna, delle sue contraddizioni, delle sue distanze di genere attraverso i profili delle donne che hanno avuto un ruolo nella letteratura. Nella lettura del libro, lo confesso, ho avuto un primo momento di disorientamento, dovuto anche al limite della mia personale formazione, esageratamente scientifica, in cui non riuscivo a trovare l’inizio e la fine del senso. Poi, ne ho apprezzato l’ingegno: “Nessuno mi chiese mai” è il racconto che fanno inconsapevolmente le donne vissute nella fantasia degli scrittori della più grande letteratura di ogni tempo sulla condizione attuale.

Geniale, nuovo, attuale, particolare, profondo!

Ognuna di quelle esperienze femminili ci rappresenta, rappresentano “la forza della passione” come la definisce nella post-fazione il prof. Caminiti “con la quale quelle creature femminili provano a riscattarsi”.

Il“Vissuto di speranza” di Penelope; L’orgoglio e la fierezza di Antigone; l’intraprendenza di Lisitrata; la tenacia materna di Demetra; la prigione passionale di Matilde; “la subordinazione culturale ed esistenziale” di Ofelia e di Desdemona sono tutti tratti distintivi di una femminilità autentica e spaventosamente attuale, ma anche della grande carica emotiva, della tenacia e della capacità di sopportazione, di sacrificio della donna.

In questi profili ho ritrovato la determinazione con la quale noi donne decidiamo di metterci in gioco senza riserve quando perseguiamo con convinzione un obiettivo.

Pensiamo alla nostra vita, alle nostre conquiste in famiglia, nel lavoro. Una donna ce la fa è vero: deve affrontare le stesse difficoltà ma anche avere il coraggio di superare il doppio della diffidenza e deve dimostrare la flessibilità per prendersi tanti impegni nello stesso tempo. Per questo, diventiamo brave! Più capaci di dialogare, di fare squadra, più grintose, abbiamo il senso della conquista e se, con fatica, raggiungiamo un traguardo non ci tiriamo indietro. Francesca è così e lo sono tante altre donne impegnate a diverso titolo nella società calabrese, donne che ogni giorno si mettono alla prova per contribuire a risolvere i problemi delle loro famiglie e di quelle altrui.

Francesca Rennis, nell’intervista rilasciata a Francesca Gabriele ha detto che non sa ancora se ci sarà un secondo libro, un seguito. A me ha confidato di aver lasciato volutamente aperto il racconto nella sua fase finale. Francesca non trae conclusioni. Lo stesso senso del racconto è lasciato allo scambio di emozioni ed interpretazioni che stanno emergendo dalle numerose presentazioni che promuovono il suo libro nei diversi contesti.

Io voglio dare la mia interpretazione a questa bella poesia civile come la definisce Caminiti.

Scrive Pasquale Vitagliano “Può esserci poesia civile senza terra di appartenenza? Senza un legame intimo, materiale ed etico, con il territorio col quale si è nati? Senza senso e sentimento di appartenenza alla storia di quel luogo, così come si è dipanata nel tempo, ed alla volontà di perpetuarla nel futuro? Può esserci poesia civile, dunque, senza cittadinanza?”

Forse che Penelope, Elena e Demetra erano di origine calabrese? Proprio come Francesca di origine calabrese e poi ancora calabrese per scelta. Francesca è calabrese due volte!

Francesca è un modello di donna calabrese che incarna la proverbiale tenacia, anche la forza, le contraddizioni e forse anche l’inquietudine delle sue protagoniste, ma che sa guardare al futuro con ottimismo, con apertura, con speranza.

E’ figlia a pieno titolo di una Calabria che è femmina.

Lo è perché pur nella sua complessità è un luogo di grandi passioni, di enorme energia. Esiste una Calabria luminosa, appassionata, una Calabria in grado di sorprendere l’Italia e che troppo spesso non è raccontata. La Calabria, come una donna, è vittima di uno stereotipo di fronte al quale molti s’arrendono.

Non Francesca che, tra l’altro come me proviene dal mondo dell’associazionismo e del volontariato, non io, per questo abbiamo deciso di prenderci un impegno qui, di lavorare al fianco di tutte quelle persone che nel loro lavoro quotidiano ci mettono il cuore, capaci come sono di impegnarsi non solo per il proprio stipendio, per andare avanti, ma per il bene di intere comunità.

Ecco la prosecuzione che farei: il racconto delle tante donne calabresi che attraverso la loro forte identità e la passione possono rappresentare la speranza di riscatto per la nostra terra inquieta, certamente, un po’ come tutti noi!

 

Katia Stancato