di Francesca Rennis
I battiti rallentano
come a lasciar l’amore
come il tempo di novembre
come l'anima mia al tramonto senza sole
in un quadro senza ritagli
privo di fessure orticanti.
Un rantolo di vita
balbetta emozioni
nello sguardo avvinghiato all'essere.
Dove s’è persa quella speranza
nessun incrocio di sguardi
di piuma
alterati pensieri inondano
l’immagine riflessa
su vorticosi ideogrammi.
Identità imbrunite da Saturno
cercano un inganno d’illusione
in un selvaggio che pur si tinge di ragione.
Rumori e una folla di pensieri
quelli trattenuti per vergogna
o timidezza, legati ad un sospiro di verità.
Circondata da fanali di banalità
ansimo cercando
anfratti di libertà.
Impossibile respirare,
si accavallano ad uno ad uno
superandosi a vicenda.
Senza tregua.
Pensiero su pensiero, immagine su immagine.
Come fosse indispensabile per loro sopravvivere.
Si addossano come cani famelici sulla preda
Ed eccolo, infine
libero di squarciare i timpani della tolleranza
l’urlo.
Quando le ombre s'incontrano
stormi di farfalle si levano in volo.
E riscendono come neve
silenziose nell'anima.
Quando le nuvole spaziano nel cielo
il respiro dell'universo abbraccia gabbiani.
E sentieri di pioggia
avvicinano l'orizzonte.
S’abbattono le barriere
dell’indifferenza
vedo il tuo volto specchiarsi nel mio.
Il tuo sguardo su di me
racconta dolore e sfiducia
s’appella
ad un incontro
che solo
dice
memorie di solitudini.
In punta di piedi
estirpo voci da dentro
fino a quel nodo
Il nodo della tua presenza
lontana.
Balbetto domande
che scavano a consumare
desideri ignoti.
In punta di piedi
m’appresto ad una vicinanza
a quella funesta domanda
di un noi
insorgente crepuscolo di un dire
contaminato.
In punta di piedi
ascolto
un rontolio come di onda inquieta
soffocata da muri.
Cadenzo il batter d’ali dell’essenza
caduta sul mio volto informe.
Possibile che questo soffocamento
sia pure il mio veleno?
Mi guardi e senza conoscermi.
Rifiuti anche l’idea
del mio essere nel mondo.
Lontani alcuni centimetri,
ci separano
chilometri di pregiudizi
e senza una parola
neghi
il mio diritto alla vita.
Alla felicità.
Un pericolo inventato
da secoli di arroganza e potere
spazza via, spazza via
da sentimenti
e possibili memorie
il coraggio dell’incontro.
Conoscessi la lingua
del mondo
scriverei con le parole del vento
vorticoso come un uragano,
mostrerei l’anima
appena percettibile nel linguaggio di oggi.
Scaverei nel profondo
della tua collera
per liberarla alle dolci frontiere
della solidarietà.
Conoscessi la lingua
del mondo
non mi perderei
nella Babele delle opportunità,
nella vischiosa routine
dei sensi.
Conoscessi la lingua
del mondo
saprei comunicare il silenzio
dei tempi
e guardarti negli occhi
riconoscendo in te mio fratello.
Una parola che racconta
la tua diversità.
Hai camminato come un equilibrista
attraversando oceani di macerie.
Parli una lingua sconosciuta.
Vieni da un’altra civiltà
- extra - per l’occidente
proprio come extraterrestre.
Non capisci - ti viene detto -
mentre scrivi con sillabe
universali “sono diverso”.
Un messaggio che il vento
della viltà e dell’intolleranza
cancella
ergendo muri
dimenticando fonemi di rispetto.
Come il senso da ritrovare
nell’enigma del tuo grido:
Odiso.
Un lemma
ancorato nelle maglie della sordità
per un occidente ormai chiuso nel suo egoismo.
Poesia d’amore non voglio
che la vita sia poesia
la poesia vita.
La poesia d’amore
n a r r a
sentimenti, desiderio
vibrazioni dell’anima
suggestioni i n v e n z i o n i.
Un niente che si presenta
per verità
l’effimero che si vanta
d’appartenere al mondo.
H a la parola. Solitudine.
Una poesia d’amore
tutt’al più è consolazione
utopia smarrimento nostalgia
perdono
ma, no, non appartiene al quotidiano.
Si origina nella notte
Il giorno si suda.
La poesia d’amore
ama
l’amore, non l’amato.
L’amata raccoglie gocce di sudore
dall’amato.
L’amato consegna le sue preghiere
all’amata.
L’utopico fa posto alla cura.
Si dona nella percezione
semplicemente
in solidi abbracci
in gesti di tenerezza.
E’ esperienza
E’ carne e sangue e sudore e pane
Non rimane sospeso
come pulviscolo
la vita, amando, diventa P O E S I A.