Poesie

di Francesca Rennis


 

 

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In volo con Pindaro

Non è possibile per una mente mortale scoprire i propositi degli dei

  I battiti rallentano

  come a lasciar l’amore

  come il tempo di novembre

  come l'anima mia al tramonto senza sole

  in un quadro senza ritagli

  privo di fessure orticanti.

 

  Un rantolo di vita

balbetta emozioni

nello sguardo avvinghiato all'essere.

 

Dove s’è persa quella speranza

nessun incrocio di sguardi

di piuma

alterati pensieri inondano

l’immagine riflessa

su vorticosi ideogrammi.

 

Identità imbrunite da Saturno

cercano un inganno d’illusione

in un selvaggio che pur si tinge di ragione.


L'urlo - 25 aprile 2011

Rumori e una folla di pensieri

quelli trattenuti per vergogna

o timidezza, legati ad un sospiro di verità.

Circondata da fanali di banalità

ansimo cercando

anfratti di libertà.

Impossibile respirare,

si accavallano ad uno ad uno

superandosi a vicenda.

Senza tregua.

Pensiero su pensiero, immagine su immagine.

Come fosse indispensabile per loro sopravvivere.

Si addossano come cani famelici sulla preda

Ed eccolo, infine

libero di squarciare i timpani della tolleranza

l’urlo.

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Con la voce di Rossella Gaudio
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Stormi di farfalle

S. Dalì, Paesaggio di farfalle
S. Dalì, Paesaggio di farfalle

  Quando le ombre s'incontrano

  stormi di farfalle si levano in volo.

  E riscendono come neve

  silenziose nell'anima.

  Quando le nuvole spaziano nel cielo

  il respiro dell'universo abbraccia gabbiani.

  E sentieri di pioggia

  avvicinano l'orizzonte.

 

S’abbattono le barriere

dell’indifferenza

vedo il tuo volto specchiarsi nel mio.

Il tuo sguardo su di me

racconta dolore e sfiducia

s’appella

ad un incontro

che solo

dice

memorie di solitudini.

 


In punta di piedi

  In punta di piedi

  estirpo voci da dentro

  fino a quel nodo

  Il nodo della tua presenza

  lontana.

  Balbetto domande

  che scavano a consumare

  desideri ignoti.

 

  In punta di piedi

  m’appresto ad una vicinanza

a quella funesta domanda

di un noi

insorgente crepuscolo di un dire

contaminato.

 

In punta di piedi

ascolto

un rontolio come di onda inquieta

soffocata da muri.

Cadenzo il batter d’ali dell’essenza

caduta sul mio volto informe.

Possibile che questo soffocamento

sia pure il mio veleno?


Spazzati dal pericolo

Mi guardi e senza conoscermi.

Rifiuti anche l’idea

del mio essere nel mondo.

 

Lontani alcuni centimetri,

ci separano

chilometri di pregiudizi

e senza una parola

neghi

il mio diritto alla vita.

            Alla felicità.

 

Un pericolo inventato

da secoli di arroganza e potere

spazza via, spazza via

da sentimenti

e possibili memorie

il coraggio dell’incontro.


Conoscessi la lingua del mondo

Conoscessi la lingua

del mondo

scriverei con le parole del vento

vorticoso come un uragano,

mostrerei l’anima

appena percettibile nel linguaggio di oggi.

Scaverei nel profondo

della tua collera

per liberarla alle dolci frontiere

della solidarietà.

Conoscessi la lingua

del mondo

non mi perderei

nella Babele delle opportunità,

nella vischiosa routine

dei sensi.

Conoscessi la lingua

del mondo

saprei comunicare il silenzio

dei tempi

e guardarti negli occhi

riconoscendo in te mio fratello.


Odiso

Una parola che racconta

la tua diversità.

Hai camminato come un equilibrista

attraversando oceani di macerie.

Parli una lingua sconosciuta.

Vieni da un’altra civiltà

- extra - per l’occidente

proprio come extraterrestre.

 

Non capisci - ti viene detto -

mentre scrivi con sillabe

 universali “sono diverso”.

 Un messaggio che il vento

 della viltà e dell’intolleranza

 cancella

 ergendo muri

 dimenticando fonemi di rispetto.

 Come il senso da ritrovare

 nell’enigma del tuo grido:

 Odiso.

 Un lemma

 ancorato nelle maglie della sordità

 per un occidente ormai chiuso nel suo egoismo.


Poesia d'amore non voglio

Poesia d’amore non voglio
che la vita sia poesia
la poesia vita.

La poesia d’amore
n a r r a
sentimenti, desiderio
vibrazioni dell’anima
suggestioni i n v e n z i o n i.
Un niente che si presenta
per verità
l’effimero che si vanta
d’appartenere al mondo.
H a la parola. Solitudine.
Una poesia d’amore
tutt’al più è consolazione
utopia smarrimento nostalgia
perdono
ma, no, non appartiene al quotidiano.
Si origina nella notte
Il giorno si suda.

La poesia d’amore
ama
l’amore, non l’amato.
L’amata raccoglie gocce di sudore
dall’amato.
L’amato consegna le sue preghiere
all’amata.
L’utopico fa posto alla cura.
Si dona nella percezione
semplicemente
in solidi abbracci
in gesti di tenerezza.
E’ esperienza
E’ carne e sangue e sudore e pane
Non rimane sospeso
come pulviscolo
la vita, amando, diventa P O E S I A.