Cedro, Shalom e "Favorite!"

LA SACRALITA' DELL'OSPITALITA' CHE AVVICINA LA NOSTRA CULTURA ALIMENTARE A QUELLA EBRAICA

“Shalom”, una parola antica con la forza dirompente di aprirsi all’interlocutore, agli altri, al mondo. In Calabria abbiamo un termine corrispondente che non è semplicemente “Pace” e che ha a che fare con l’ospitalità alla mensa. “Favorite”. C’è una sacralità legata alla tradizione calabrese che avvicina i due termini, interseca l’umanità di tradizioni e civiltà diverse, e che ci meraviglia perché sgorga dalla testimonianza del rabbino Moshe Lazar della Scuola ebraica “Merkos” di Milano. A Santa Maria del Cedro per la XII Giornata europea della cultura ebraica "Arte ed ebraismo" (2010), promossa e organizzata dall'Ucei con l’Accademia internazionale del cedro, il rabbino ha raccontato l’incontro di alcuni anni fa con famiglie del luogo durante i giorni in cui si dedicava alla raccolta del cedro per la tradizionale festa delle Capanne o del Sukkot che quest’anno sarà celebrata il 13 e 14 ottobre. Lo invitavano ad entrare e pranzare con loro. Sulla tavola trovava apparecchiate le pietanze calabresi, dalle purpette di melanzane a pipi fritti cu patate, dal pane casareccio alle alici salate ai maccaruni con pomodoro fresco appena raccolto dall’orto. “Favorite”. I valori della cultura contadina avvicinano le persone, creano ascolto e dialogo. A tavola ci si guarda negli occhi e si scambiano idee. Le due sponde del Mediterraneo trovano un loro congiungimento ideale. L’accoglienza è nella pace ma il “favorite” invita a far propria la gratuità di un dono che esula da un qualsiasi sistema statale perché l’estraneo diventa il centro di un’attenzione particolare, fuori dalla norma. Davanti una tavola imbandita s’incrociano le differenze e anche se il cedro non è presente fisicamente se non trasformato in liquore o canditi, rappresenta il trait d’union tra due culture contadine fondate sulla responsabilità verso i familiari e verso gli altri, nel rispetto della sacralità che un Dio comune dona alle sue creature. Una responsabilità verso la natura umana fondata sul rispetto e sul progresso che accomuna entrambe le religioni ebraica e cristiana per le quali la linearità del tempo si traduce in speranza perché ogni momento è diverso anche qualitativamente da quello precedente e si abbandona così ogni ebbrezza dionisiaca di un tempo concepito circolarmente. E nella sua lectio magistralis il rabino ha sottolineato i caratteri culturali dell’ebraismo che non coincidono né con la cittadinanza israeliana né con il sionismo, cui invece si tende a ridurre erroneamente l’ebraismo. La cultura ebraica che si fonda sulla Torah e si esprime in quel saluto che invita all’apertura al prossimo e rifiuta qualsiasi forma di chiusura e di ripiegamento su sé stessi. “Shalom”. Il cedro è simbolo di questo atteggiamento di apertura e ogni anno durante la festa del Sukkot l’ebreo guarda la perfezione di questo frutto ricordandosi di diventare migliore. Il cedro, come albero della conoscenza, rimanda all’eternità; il suo sapore ricorda che l’uomo è ciò di cui si nutre; il suo profumo è il dono di se stesso al prossimo. Ecco perché simbolo di perfezione al quale fare riferimento nella propria vita.

 

Il cedro, l’agrume coltivato in questa parte del litorale del Tirreno cosentino, avvicina il popolo ebraico alla Calabria, così come nell’introduzione di questa iniziativa del 4 settembre scorso ha evidenziato Franco Galiano che, leggendo la storia del posto, ha riassunto le reciproche contaminazioni e le radici comuni alle due culture monoteiste. Organizzatore dell’incontro al quale hanno partecipato Giuseppe Aulicino, sindaco di Santa Maria del Cedro, Davide Gravina, commissario Consorzio Valle Lao e Dario Antoniozzi, già ministro della Repubblica all’agricoltura in diverse legislazioni oltre ad essere stato deputato europeo, Franco Galiano si occupa da anni della valorizzazione dell’agrume avendo fondato l’Accademia internazionale del cedro e promosso diverse attività, anche editoriali, di promozione e divulgazione culturale e delle attività imprenditoriali legate alla produzione dell’agrume tanto da poter essere chiamato, ha detto Aulicino, “messaggero della cultura ebraica”. E, nel constatare la presenza di studenti dell’Università della Sorbona, Aulicino ha evidenziato anche come si stia creando un filone culturale ed economico legato alla diversificazione della produzione tale da recuperare atteggiamenti di comprensione e valorizzazione della culture altre. Di cultura del dialogo e del confronto ha parlato anche Gravina nel riferirsi alla necessità di promuovere una classe dirigente che sappia promuovere l’eccellenza delle colture locali. Dall’ebraismo alle problematiche esistenziali, politiche ed economiche, legate ai drammi delle popolazioni che ci guardano dall’altra sponda del Mediterraneo, si è giunti attraverso le letture scelte da Sonia Benedetto, tratte da testi di Erri De Luca sugli emigranti.

Shalom e cedro, un connubio che ben si presta a riflettere sul rapporto tra ebraismo e sionismo. La preghiera e la cultura ebraica sono scaduti in un movimento nazionalista che non tutti gli ebrei condividono. Così è anche per il rabino Lazar, di nazionalità francese e non israeliana. E, con il cedro quel “favorite” continua a trasmettersi, oltre le tante tavole del nostro litorale, ogni qualvolta si tenta di accompagnare questo frutto alla crescita economica e sociale, ad iniziative imprenditoriali e culturali tese ad un incontro con l’altro privo di paure e libero da pregiudizi.

 

 

Francesca Rennis