Sorriso

di Alessandro Citro

Sorriso avanzava a passi ampi dal fondo del corridoio.

La sua figura si ingrandiva sempre di più e calcolavo il tempo che rimaneva per trovarmelo davanti.

Quel giorno, però, ero fortunato. C’erano loro, i pargoli salvatori.

Paolo si nascondeva dietro una delle colonne dell’ampio corridoio ed era elettrico nel trovare la posizione più adatta per nascondersi. Urania, invece, osservava calma tutte quelle gambe che le mulinavano intorno, tante da far girar la testa ma lei controllava tutto con i tratti di chi la sa lunga già a tre anni.

La campanella intanto spezzava l’incanto dei dieci minuti di libertà .

L’avevo battezzato “il tempo del respiro”, ed era l’appuntamento più desiderato della mattina ma ormai Sorriso era davanti a me ma in quelle occasioni non era più sorriso ma Tuono.

Scappavamo tutti ai nostri posti col fiato silenzioso e la faccia innocente tra sedie che ruzzolavano rumorose e banchi che spezzavano l’ordine geometrico; purtroppo qualcuno rimaneva impigliato sempre nelle sue reti e quella mattina era toccato a me.

Era alto, proprio di fronte ai miei occhi.

Lo vedevo muovere le labbra velocemente. Le rughe della fronte ondeggiavano ad ogni movimento mascellare ma non percepivo che suoni ovattati. La paura mi aveva bloccato.

Per un attimo, però.

Mentre alzavo lo sguardo avevo incrociato i suoi occhi e in quel momento avevo scoperto un segreto: avevo capito perché era Sorriso.

Lo avevo attraversato nello sguardo e in momento mi ero tuffato in un mare immenso di calore.

Era un mare piatto senza onde ribelli o correnti contrarie, un placido mare di luce solare che aveva inghiottito la mia paura.

Avevo capito che doveva fare Tuono ma lui era Sorriso, immensamente Sorriso.

Intanto erano arrivati i pargoli salvatori che lo cercavano ansiosi.

S’era girato di scatto per tranquillizzarli e non sapevo se benedirli per aver interrotto un momento in cui mi sentivo vittima sacrificale oppure gridare che tornassero più tardi, che andava tutto bene e che quel momento era mio che mi sentivo bene in quella situazione.

Loro erano i figli,sì, ma io ero l’allievo, il suo allievo; e visto che eravamo a scuola, in quel momento io li precedevo, ero più importante di loro.

Che passassero dopo, avevano una vita per goderselo mentre io solo in quel momento avevo assaggiato un attimo di pace immensa, di gioia senza fine.

 

Lo avevo rivisto anni dopo. La tuta addosso era larga e il respiro corto. Sofferente come un crocifisso ma delicatissimo nei tratti del volto. Era sempre lui, Sorriso, con le rughe che gli disegnavano il viso e gli occhi. Facevamo gli esercizi e parlavamo mentre il sudore ci lavava il corpo. Forse eravamo un po’ imbarazzati perché sapevo ciò che lui magari voleva non sapessi o credeva non sapessi e allora avrei voluto chiedergli perdono per la mia violenza, la violenza gratuita di chi ti ruba i segreti più personali. Avrei voluto chiedergli scusa per tutte le volte che a scuola lo avevo costretto a proteggermi, perché io ero il raccomandato di turno, l’antipatico ribelle che passava per essere intelligente e che invece lui, nella sua innata sapienza, aveva scoperto come nullità anche se non lo diceva a nessuno.

 

Sapevo di essergli antipatico ma sapevo anche che non lo avrebbe mai confessato e questo lo rendeva ancora più mitico al mio sguardo. Lo guardavo fisso e mi chiedevo se i maestri, quelli veri, non sono questi, quelli che ti cercano ben sapendo di poter fare a meno di te.

 

C’eravamo salutati dandoci appuntamento alla prossima seduta per scaricare le tossine esistenziali.

Non lo avrei più rivisto, almeno nella realtà, ma sarebbe venuto a trovarmi spesso nei miei pensieri in incontri puri, finalmente senza reticenze o paure di alcun genere. Mi diceva che stava bene, il peggio era passato e ora viveva guardando vivere gli altri, sfiorandoli quando erano giù di corda o stando semplicemente a fianco nei periodi bui; inoltre non sudava più, e i dolori ferite ricucite come se il corpo fosse svanito e il respiro affaticato un ricordo sbiadito. Era ancora lui, era ancora il mio Sorriso.