Software libero. Una programmazione informatica a misura di scuola

di Francesca Rennis

Dal mondo del web un confronto tra copyleft e copyright detenuto, quest’ultimo, in forma di oligopolio da Microsoft e la possibilità di scorgere alternative valide per l’istituzione scolastica in un panorama, ancora poco soddisfacente, in cui tuttavia prendono forma iniziative “libere” che altrimenti rimarrebbero solo locali.

In effetti non mi sembra esistano riflessioni sufficientemente sistematizzate e ricerche che possano offrire la misura di un fenomeno, quello relativo alla fruibilità consapevole delle programmazioni informatiche in ambito scolastico; fenomeno capito ancora come “naturale” e di cui l’utenza scolastica usufruisce quotidianamente in termini soprattutto tecnocentrici.

A questo proposito, dopo aver inserito alcuni elementi e definizioni riferite al dibattito copyright-copyleft, cercherò di presentare la situazione in cui avviene l’apprendimento dell’informatizzazione scolastica e, in un secondo tempo, mi riferirò in particolare alla personalizzazione del computer quale aiuto e supporto nelle attività didattiche rivolte ai diversamente abili.

 

Capitolo I

il software free cambia le regole all’informazione

 

L’età dell’informatica e del computer era stata preannunciata come un nuovo avvento di partecipazione democratica ai processi culturali e allo sviluppo socio-economico. Elemento portante sarebbe dovuto essere l’accesso all’informazione sul Web. Non essendo stata scardinata l’idea di “proprietà” si sono determinati invece situazioni di dominio nella sfera dell’accesso alle nuove tecnologie con limitazioni all’informazione e, di conseguenza, a livello sociale stiamo assistendo ad un aumento di quelle che sono state definite le “nuove povertà”.

L’assenza di pensiero critico con l’omologazione a parametri dettati dall’industria che è riuscita a imporsi sul mercato globale è palese. E proprio nella scuola dell’autonomia, deputata a luogo della conoscenza e della formazione, si assiste al paradosso che mentre dovrebbe sollecitare il pensiero critico e divergente e formare all’interculturalismo, si appiattisce sugli standard dettati dal monopolio informatico.

A parte significative esperienze su sistemi operativi in ambiente Linux, domina Microsoft dal sistema operativo agli applicativi. A questo proposito rimando all’articolo di Antonio Bernardi, responsabile del progetto “Software libero nella scuola” reperibile sul sito http://linuxdidattica.org.

Ma qual è la differenza tra software-patent, soggetto al copyright, e software free, soggetto al copyleft?

Da quando con la diffusione di massa del personal computer si pose il problema di cercare sistemi operativi standardizzati accessibili ad utenti medi, il software divenne un prodotto commerciabile. Le aziende pretesero la tutela del proprio lavoro servendosi degli strumenti classici del diritto industriale quali il segreto industriale, il brevetto e il diritto d’autore. Quest’ultimo, chiamato copyright ebbe la meglio quando nel 1980 negli USA fu varato il Software Copyright Act.

In pratica veniva criptato il “codice sorgente”[1] in modo tale da rendere impossibile ogni operazione di modifica, aggiornamento e adattamento, lasciando accessibile solo il linguaggio macchina (codice binario). A questa situazione si opposero un gruppo di hacker (termine inteso in senso neutrale) ovvero appassionati della libera programmazione per i quali il software sarebbe dovuto rimanere uno strumento di sviluppo tecnologico legato alla creatività dell’utente e non ridotto a logiche di mercato.

Contro l’idea di “desktop ad una dimensione”[2], imposto da “una confortevole, levigata, ragionevole, democratica non-libertà” di Microsoft, la battaglia degli hackers si concretizzò con un progetto mondiale denominato GNU[3], ideato e realizzato da Richard Stallman che elaborò la GPL o General Public License[4].

Tale licenza, in un particolare regime di copyright denominato “copyleft”, disciplinava le modalità di utilizzo e distribuzione del software in modo tale da tutelare l’autore e impedendo ad altri l’appropriazione e commercializzazione dell’opera e, nello stesso tempo, lasciando il “codice sorgente aperto” ovvero “open source” al fine di promuovere uno sviluppo creativo in “creative commons” a costi “sostenibili”. La filosofia di fondo, sintetizzata nello slogan “Share-alike”, cioè “condividi allo stesso modo”, produceva un cambiamento nel regime di oligopolio atto a favorire accessi fruibili al cuore della programmazione, scambi di informazioni, e, pertanto, livelli di democraticità.

Come ricorda Simone Aliprandi[5],

“l’espressione “copyleft” nasce dalla prassi goliardica di alcuni sviluppatori di software che distribuivano copie dei loro lavori riportanti la dicitura “copyleft – all rights reserved” (con una © rovesciata). In effetti il termine è molto significativo poichè racchiude un duplice gioco di parole: “left” è appunto il participio passato di “leave” (lasciare, permettere) e comunica l’idea di un regime più libero; ma è anche l’opposto di “right” (destra) e comunica un’idea di ribaltamento dei principi…. Nell’accezione originaria è considerata vera licenza copyleft quella che impone il mantenimento all’infinito del medesimo regime (nel linguaggio Creative Commons, la cosiddetta clausola “share-alike”, cioè “condividi allo stesso modo”)”.

 

I software “trial-version” o “freeware”, che non hanno disponibilità del codice sorgente e vengono distribuiti a scopi commerciali, non rientrano, pertanto, nella categoria copyleft.

Per evitare ambiguità venne coniato il termine “open source” e la Open Source Iniziative, un progetto guidato da Eric Raymond, nacque con l’idea di vigilare sul corretto uso del termine e verificare che le varie licenze si attenessero ai criteri di base. In ogni caso rimane instabile il limite tra software “open source” e “free software” che nella maggior parte dei casi coincidono pur facendo riferimento ad aspetti teorici diversi[6].

Il copyleft ebbe i suoi effetti positivi in ambito “content” e non solo strettamente software dando impulso alla diffusione massiccia di opere letterarie e creative. Nel 2000, nell’ambito dello stesso progetto GNU, venne lanciata una licenza apposita, la Free Documentation License dalla quale presero esempio altre licenze nello spirito di un “open access” alle conoscenze scientifiche di ogni ambito disciplinare[7]. In questa prospettiva erano previste clausole modulari che permettevano all’autore di graduare la libertà di utilizzo dell’opera chiarendone le condizioni.

Attualmente l’ideatore della GPL, su sollecitazione della Open Source Iniziative e in generale del mondo “libero” dell’informatica, sta cercando di rendere più flessibile lo strumento di regolamentazione copyleft in modo da renderlo maggiormente compatibile con altre licenze libere che includono clausole che vietano di integrarvi codice sotto GPL e di permettere l’uso di software per apparecchi tipo TiV o che non permettono alcuna modifica (riguardano il settore del digital video recorder) quando non sarebbe coerente con lo spirito stesso della GPL. L’idea è di integrare in un’ottica di mantenimento del pluralismo le diverse istanze della programmazione e comunicazione sul Web.

 

Il progetto GNU ha generato il sistema operativo Linux che opera con un nucleo kernel, da cui si diramano diverse distribuzioni. Le più famose sono Mandrake, Debian, Red Hat, Slackware. Da kernel di Linus si articola tutto il corredo software che viene rilasciato gratuitamente dall’intera comunità Open Source. E’ in definitiva un sistema operativo costituito da oltre un milione di righe di codice, con un codice aperto che si è rivelato una risorsa imprescindibile rispetto all’oligopolio Micorsoft in quanto proprio per questa caratteristica è stato rivisto, arricchito, migliorato grazie al lavoro della comunità di programmatori Open Source per cui spesso viene chiamato GNU/Linus.

 

 

 

 

 

Capitolo II

computer a scuola, tra tecnologia e formazione

 

 

La scuola ha accolto e promuove l’innovazione tecnologica, ma le scelte attuate a livello nazionale, così come evidenziano diversi contributi sul Web che incoraggiano una presa di coscienza sull’uso dei sistemi operativi, si attestano su livelli di omologazione culturale avendo il MIUR incoraggiato più gli interessi del monopolio informatico di Micorsoft che il pluralismo tecnologico. Di conseguenza è passata inosservata un’operazione culturale che ha fatto della tecnologia un mito legato alla logica consumistica[8]. La presenza di Windows e i suoi applicativi nelle aule e nei laboratori scolastici ha reificato, attraverso una propaganda implicita nello stesso uso, il pensiero convergente, chiuso nell’applicazione meccanica di regole e incapace i originalità e flessibilità. L’uso del computer, di fatto, non è stato accompagnato da consapevolezza delle problematiche inerenti la società della conoscenza né da autonomia rispetto all’utilizzo, mentre sono passati inosservati stereotipi legati al monopolio. “Ed è evidente che, in questo contesto, sia il docente addestrato a livello psicomotorio sulle interfacce grafiche della Microsoft, sia lo studente che subisce, a cascata, tale “somministrazione”, non saranno mai in grado di installarsi a casa (ancor meno a scuola) il loro software: il software libero”[9].

In questa situazione l’utilizzo di Linux sembra una forzatura.

 

 

 

 

 

 

II.1 il software libero come “libro di testo”

 

Antonio Bernardi, responsabile del progetto “Software libero nella scuola”, ha evidenziato che

“il software libero, come “libro di testo”, ha molteplici ragioni per essere adottato nella didattica perché principalmente: non discrimina i soggetti su base economica, ma seleziona su base meritocratica, la gratuità delle licenze d’uso tra l’altro è conforme ai criteri stabiliti dalle varie circolari sull’adozione dei libri di testo che si preoccupano di stabilire un tetto di spesa, a seconda del tipo di scuola; permette, sia all’insegnante che all’allievo, l’assoluta libertà di copia, fondamento dello scambio della conoscenza; in questo modo si educa alla legalità non dovendo, nella scuola, ricorrere alla pirateria informatica per svolgere la normale attività educativa; è rispettoso della libertà d’insegnamento, perché permette all’insegnante di scegliere la soluzione e il fornitore che più si adatta alle sue esigenze conoscitive e didattiche; è rispettoso della libertà di parola, perché permette anche all’insegnante, e alla scuola più in generale, di “entrare in gioco” ed essere “soggetto di cultura”; educa alla cultura galileiana e alla consapevolezza informatica attraverso la trasparenza, la verifica e la sperimentazione; incentiva l’economia locale valorizzando le risorse umane locali”[10].

 

Oltretutto il MIUR con la CM n. 114/2002 ha promosso “l’utilizzo gratuito di programmi Open Source come Linux e altri applicativi didattici liberamente scaricabili su Internet in applicazione delle Linee Guida del Ministero per la Innovazione e le Tecnologie”.

 

Nonostante il percorso sia ancora lungo vi sono alcune iniziative che fanno ben sperare sulla diffusione del Software free. Portiamo due esempi: il linguaggio LOGO, l’unico pensato e sviluppato per la didattica adatto ad allestire ambienti o micromondi al fine di promuovere un apprendimento di tipo attivo e costruttivo, e il Progetto Software Didattico, nato dall’esperienza di alcuni docenti di Pescara.

 

LOGO. In questo caso il computer e la programmazione sono capiti come strumento per concepire ed esprimere progetti personali, carichi di significato. Durante la programmazione lo stesso studente utilizza adeguati comandi usando il micromondo della “geometria della Tartaruga”. Lo stesso studente passa da una modalità tecnica ad una di progettazione, dall’interfaccia all’ambiente editor con la possibilità di correggere e perfezionare i comandi inviati. Così il soggetto, come voleva l’ideatore Papert, non si lascia programmare dal computer, ma rimane protagonista della sua conoscenza. Il computer in questo contesto è concepito come “artefatto cognitivo” di cui il soggetto rimane consapevole e, pertanto, incentiva e sorregge lo sviluppo delle abilità cognitive e metacognitive del soggetto. Infatti, uno dei principi che muove l’ideazione di LOGO è quello di sollecitare processi di metacognizione e autocontrollo dell’apprendimento. Il soggetto non “impara per usare”, ma “usa per imparare” e lo fa in un ambiente che spesso diventa di inter-relazione con insegnante o con il gruppo dei pari. Al computer vengono così generati problemi che inducono lo studente a “costruire“ la sua conoscenza su un procedere di tipo operatorio (analogico, imparando sbagliando ecc).

 

PROGETTO SOFTWARE DIDATTICO. Si tratta di OrtoTux, AnaTux, TimeTux, ItaTux elaborati da un gruppo di quattro persone con competenze diverse, tra cui un programmatore professionista, uno studente della facoltà d’Informatica, un docente della scuola primaria ed un perito tecnico industriale. Sono software per il consolidamento, il recupero e l’acquisizione della abilità linguistiche di base e software per l’acquisizione ed il rinforzo dei concetti temporali e topologici. I linguaggi adottati su multipiattaforma rispondono all’esigenza di rendere il software fruibile anche su sistemi operativi diversi da GNU/Linux. In un’ottica di insegnamento/apprendimento, libero da vincoli di mercato, che non condizioni gli stessi contenuti dell’attività didattica. Un codice “trasparente” che sia capace di coniugare in un percorso aperto e condivisibile il sapere al saper fare.

 

 

 

II.2 – una proposta per rivedere le Tic

 

Davanti al computer entrano in gioco abilità tecnologico/strumentali, ma anche istanze formative che richiamano la “presa di conoscenza”, la “metacognizione”, la libertà di insegnamento[11]. Su questa premessa andrebbero organizzati le TIC (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione) nelle scuole che, invece, vengono proposti solo come “addestramento psicomotorio secondo le modalità e le idiosincrasie incarnate dal modello MsOffice”[12]. Nel contributo reperibile sul Web, Massimo Piai, un insegnante con esperienze di TIC nelle scuole superiori ha evidenziato, da una parte, il monopolio assoluto di Micorsoft Windows quale monopolio “culturale”, e, dall’altra l’indirizzo pressoché sconosciuto di programmi ministeriali relativi alle TIC rintracciabile nel progetto sperimentale “Biennio Licei Tecnici” dai quali si evincono i principi cardine:

-          la finalità principale delle “TIC” è quella d guidare lo studente verso l’utilizzo consapevole delle tecnologie;

-          l’addestramento pratico deve essere accompagnato dall’insegnamento delle strutture logiche di base, proprio per garantire la consapevolezza;

-          occupano una posizione centrale i concetti che vanno introdotti in modo non troppo formalizzato, ma comunque scientificamente corretto;

-          è fondamentale il concetto di informazione, assieme alla comprensione funzionale e strutturale dei più fondamentali strumenti per trasmettere, archiviare e in generale gestire le informazioni stesse;

-          è particolarmente importante arrivare a comprendere le leggi che governano e impongono limiti al trattamento delle informazioni, anche dal punto di vista pratico.

A questo Piai ha affiancato quanto espresso dalla CM 282 del 1997 in cui si affermano come principali obiettivi nell’insegnamento delle nuove tecnologie la diffusione di una cultura necessaria per il dominio delle tecnologie e il raggiungimento della padronanza delle logiche e delle tecniche di impiego delle tecnologie per il perseguimento di una solida professionalità. “Documenti – conclude Piai – che sembrano confermare un’idea condivisibile di insegnamento dell’informatica incentrata sui concetti più che sulle applicazioni più o meno specialistiche”. Al fine di rispettare come insegnante quella libertà di insegnamento garantita dall’art. 33 della Costituzione con la scelta dei libri di testo Piai ha deciso di utilizzare nanoLinuxIII, distribuito da GNU/Linus e curato da Daniele Giacobini, noto autore degli “Appunti di Informatica Libera”. Secondo Piai il software ha offerto la possibilità di studiare il funzionamento e la realizzazione dei più diffusi servizi di rete, l’uso di comuni strumenti di office automation, l’uso di file multimediali ed essendo “libero” dà la possibilità al docente di cedere legalmente all’alunno una copia dello stesso software da usare a casa.

 

 

 

 

Capitolo III

 

disabilità e software libero

 

 

 

“Mauro ha subito dimostrato curiosità e interesse nei confronti dell’oggetto computer e l’interfaccia ludica dei software ha catturato la sua attenzione motivandola ad operare con impegno.

Durante l’attività si è verificato un notevole innalzamento del livello di attenzione e concentrazione ed ha acquisito una buona capacità operativa sulla tastiera. Tutti gli esercizi proposti sono stati svolti in modo positivo e gratificante ed hanno rinforzato la sua autostima. Ha imparato velocemente ad entrare nei giochi autonomamente e rifiuta l’aiuto dell’insegnante, quando sbaglia non si scoraggia. Ha rinforzato notevolmente le sue capacità di letto-scrittura e ha migliorato sensibilmente l’ortografia”.

 

E’ ormai una tipica risposta alle sollecitazioni dell’artefatto cognitivo “computer” da parte di un ragazzo disabile così come rilevato dall’insegnante. Tuttavia, nonostante stia diventando sempre più ampio l’uso di software libero, in questo settore così fragile della società contemporanea non è ancora percepibile la differenza tra l’uso di software in ambienti free o a pagamento se non in termini economici. L’interesse è prevalentemente rivolto alla qualità e se gli insegnanti propongono il free dipende dall’implementazione della formazione e dall’input del Ministero al loro utilizzo[13]. Un indirizzo che, a quanto pare, non ha molto a che fare con una scelta autonoma e libera da parte del docente, ancora piuttosto lontano dalla gestione della programmazione. Il computer è visto prevalentemente in termini di ausilio informatico, dotato di funzioni che favoriscono l’accesso ai linguaggi multimediali, a Internet, come per esempio la sintesi vocale e l’assistente animato o i dattilo-braille elettroniche piuttosto che come ambiente di apprendimento.

 

Tra i siti Internet che favoriscono l’uso del computer sia per il copyleft che copyright troviamo http://www.bdp.it/Andrea/Rogue/ e http://handitecno.indire.it, dedicati alle tecnologie per disabili nella scuola. Il primo ha pagine con schede organizzate in base ai tipi di disabilità insieme a percorsi guidati per l’autonomia. Il secondo è il progetto promosso dal MPI in collaborazione con il MIT, cui abbiamo già accennato, per supportare la diffusione delle nuove tecnologie per la didattica speciale. Si compone di numerose azioni fra cui:

Azione 1: Ricerca sulle buone pratiche (Tecno-Inclusion)
Azione 2: Sistema di Knowledge management
Azione 3: Accessibilità del software didattico (AesseDi)
Azione 4: Rete territoriale di supporto (Formarete)
Azione 5: Interventi locali di formazione
Azione 6: Progetti di Ricerca per l’innovazione
Azione 7: Intervento per gli alunni con dislessia (Puntoedu Dislessia)

 

Insieme ad uno studio di fattibilità il MPI ha attivato questo progetto orientato all’integrazione nelle scuole degli alunni diversamente abili, le cui finalità “non sono solo quelle di "aggiungere" nuove attività ad attività esistenti o nuove strutture a quelle già preposte ma, piuttosto, valorizzare quanto si sta già facendo e renderlo disponibile in modo diffuso.

In particolare, viene sottolineato che le finalità del progetto sono:

  • Valorizzare le migliori pratiche esistenti e già realizzate (a livello nazionale, europeo ed internazionale) e renderle concretamente disponibili alle scuole e a tutti i docenti che si trovano ad inserire in un gruppo classe uno studente diversamente abile. Ciò viene realizzato costruendo un sistema di documentazione di buone pratiche (CMS o KSS).
  • Realizzare una formazione specifica per gli operatori partecipanti al progetto sulla base di contenuti e competenze stabiliti dal progetto stesso.
  • Incrementare (affiancando i finanziamenti ordinari) la dotazione di hardware e software per l'integrazione scolastica degli studenti disabili.
  • Svolgere azioni mirate di ricerca-azione su alcune disabilità specifiche (disabili ciechi, dislessici, autistici, ed altri) coinvolgendo i soggetti maggiormente qualificati a livello nazionale e internazionale, come scuole, reti di scuole, enti di ricerca, soggetti privati[14].

 

Particolarmente rilevante l’istituzione dell’”Osservatorio dell’Accessibilità del Web”, EIAO ovvero European Internet Accesibility Observatory[15], nato alla fine del 2004 con l’idea di creare uno strumento disponibile a tutti per verificare costantemente il livello di accessibilità dei siti web europei. Un progetto nato e promosso dalla Agder University College di Grimstadt, in Norvegia, vi partecipano sei Paesi, fra cui l'Italia. Il progetto si inserisce nel programma IST (Information Society Technology) e nelle finalità espresse nei piani d'azione europei per la creazione di una società dell'informazione democratica ed infoinclusiva. E’ interessante, dunque, che accanto ad un’esigenza di proteggere l’informazione libera dal monopolio si propongano strumenti rivolti a misurare le barriere dell’informazione sul web. L’accesso è stato facilitato da strumenti divisi in cinque gruppi:

-      tastiera con funzioni in grado di gestire i caratteri che richiedono la pressione contemporanea di più tasti e con alcune impostazioni che regolando l’autoripetizione, la velocità di risposta, il tempo di ripetizione. Utile per eliminare errori involontari di vario tipo;

-      audio, con l’indicazione visiva sul video di segnali sonori emessi dal computer (funzioni destinate chiaramente ai portatori di minorazioni uditive);

-      schermo, con la possibilità di impostare i colori del video con un contrasto molto elevato;

-      mouse, con la possibilità di emulare il mouse con il tastierino numerico;

-      generale, afferente la gestione di strumenti di input alternativi, segnali sonori ad ogni pressione di tasti; disattivazione automatica di accesso facilitato. 

Predominante l’adattamento del pc e l’accesso facilitato attraverso programmi come Microsoft Magnifer, funzione disponibile a partire da Windows ’98 e la tastiera su schermo disponibile in Windows 2000 e Windows Xp. 

 

Ad eliminare le barriere elettroniche ci ha pensato anche la Biblioteca digitale IntraText (www.intratext.com) attivando una funzione per non vedenti. 

Un aggiornamento della tecnologia IntraText che permetterà agli utenti che utilizzano la barra braille e il sistema di lettura vocale di leggere le oltre 5600 opere in 37 lingue, presenti nella biblioteca. “IntraText, un'idea progettuale dell'azienda romana Eulogos SPA, - si legge sul sito http://www.adnkronos.com - è un ambiente integrato di Biblioteca Digitale con forte caratterizzazione verso l'abbattimento delle barriere elettroniche e l'accuratezza editoriale, che giunge alla corretta rappresentazione di notazioni filologiche e altre particolarità. Alla base del progetto è l'ipertestualizzazione lessicale e il collegamento testo-concordanze che consentono di leggere un testo come un ipertesto. La biblioteca, associata all'Associazione Italiana Biblioteche, soddisfa e supera le più autorevoli norme internazionali di accessibilità e rispetta le raccomandazioni della legge Stanca[16]. I Cataloghi sono impostati rispettando l'intenzione multilinguistica del progetto stesso e consentono di navigare tra autori, opere, schede delle opere e indici per lingua in modo rapido e continuo. In evidenza sono le raccolte (Collections) relative alle cinque aree tematiche dei documenti (Religiosa, Latina, Italiana, Scientifica e Varia), i cataloghi multilingue (Catalogues), la sezione Opera Omnia e la sezione Download. Tra le raccolte di documenti più ricche, segnaliamo la "Bibliotheca Religiosa IntraText" (BRI) e le sezioni Latina e Italiana”.


Sulla stessa scia anche alcune iniziative locali, come quella dell’Ausilioteca di Pretora, rivolto ai minori che hanno ritardi nell'apprendimento, difficoltà nel comunicare con gli altri e nel controllare l'ambiente circostante. Il servizio è nato da un rapporto di collaborazione che si è venuto a concretizzare dopo un periodo di confronto tra il Dipartimento regionale alle Politiche Sociali e la Cooperativa sociale Co.ri.s.s. con il fine di offrire un servizio efficiente e qualificato sui temi e gli ausili ai minori disabili della Regione Calabria. Nella sede di Pratora un team multidisciplinare, formato da psichiatri infantili, psicologi, pedagogisti, ed esperti di informatica, svolge molteplici attività per fornire risposte alle esigenze di autonomia delle persone disabili: dal gioco per i bambini alla comunicazione, ai bisogni legati all'inserimento scolastico e lavorativo al tempo libero. Le soluzioni da individuare si basano principalmente, ma non solo, su ausili elettronici ed informatici, la cui proposta avviene nell'ambito di un progetto che tiene conto della complessità dei reali bisogni della persona e del suo contesto di vita. L'Ausilioteca, cui possono accedere persone disabili, loro parenti ed amici e chiunque opera nel settore della disabilità, offre un servizio consulenza a persone minori disabili ed a operatori al fine di offrire risposte adeguate a i molteplici problemi dell'utente. Per la scelta dell'ausilio più idoneo, sono previsti diversi incontri con la persona disabile, colpita da patologie motorie, del linguaggio, neuropscologiche e dell'apprendimento, patologie sensoriali (vista-udito), per mettere a punto una fase di addestramento all'uso degli ausili.

All'interno del servizio vi è una mostra permanente di hardware e software, materiale prodotto in Italia e all'estero; è in funzione un servizio di informazione e documentazione effettuato anche mediante il supporto di banche dati computerizzate italiane ed estere (Siva, Handynet, ecc); si raccolgono materiali biografici ed audiovisivi; vengono elaborati documenti sulle tematiche attinenti l'adozione di ausili per autonomia.

Ma il contributo dato è ancora di tipo strumentale, benché diretto ad aumentare l’autonomia del soggetto, mentre i percorsi offerti dal software libero sono ancora tutti da sperimentare per come promuovere attività cognitive superiori in giovani disabili.

 

Un gruppo di docenti delle scuole elementari come Ivana Sacchi e Walter Casamenti sta offrendo un importante contributo nell’utilizzo di software scaricabili liberamente e a livello di formazione docenti. Sui rispettivi siti www.ivanasacchi.it e http://www.casamenti.info, insieme a materiale in vendita, sono accessibili software per la personalizzazione del computer. In particolare Ivana Sacchi sta inserendo in alcuni software la possibilità di utilizzare la Tastiera HelpiKeys. Tali software che predispone comunque con il permesso della casa produttrice è un ausilio venduto al costo di 490,00 euro, pensata per facilitare l’accesso al computer, in grado di risolvere ad una serie di difficoltà. Molti software gratuiti di Casamenti sono anche sul sito www.qualisoft.org.

 

Anche il sito dell’Associazione Nazionale Subvedenti (ANS), http://www.disabili.com, pur offrendo gratuitamente il servizio “Tommaso, per vederci meglio”, presenta “ciò che il mercato offre” per aiutare le singole persone ipovedenti, ma anche per insegnanti, educatori, famigliari, amici e addetti ai lavori di diversi settori. Questi in sintesi gli strumenti “da provare e valutare”:

  • videoingranditori da tavolo, portatili e palmari
  • lenti d'ingrandimento, monocolini, sistemi ottici
  • software ingrandenti
  • personalizzazione del computer
  • browser alternativi a Internet Explorer

 

Sul sito http://www.sd2.itd.cnr.it/BSDindex.php del “Servizio documentazione software didattico” è possibile reperire diversi software, ma anche qui nella presentazione non si informa l’utente sul tipo di sistema operativo, mettendo in secondo piano la scelta operativa e didattica rispetto alla semplice prassi. In ogni caso, proprio perché è importante che sia l’insegnante, il genitore, l’educatore a saper selezionare il materiale a seconda dell’esigenza del momento, vi sono alcuni siti che forniscono informazioni su software, come quello dell’Osservatorio regionale sull’handicap, a cura della Regione Piemonte che propone una pagina dedicata agli Ausili informatici, alcuni dei quali scaricabili direttamente dal sito, e quello dell’AREA (Associazione Regionale Amici degli Handicappati), un’associazione piemontese che gestisce il sito Mediateca.Software e disabilità.

 

Software per la comunicazione e la didattica disciplinare sono presenti anche sul sito del progetto Leonardo e dell’associazione inglese NAS (The National Autistic Society). Dal sito dell’ASP, http://www.areato.org, è possibile reperire ausilii hardware e software selezionati per categoria.

 

Il copyleft sembra completamente assente, invece, da uno dei portali più importanti per l’integrazione delle persone diversamente abili. Si tratta del sito http://www.erickson.it/erickson/home.do che, pur presentando un panorama di iniziative culturali sia a livello cartaceo che su supporto digitale, è rimasto ancorato alla logica del profitto e dell’imprenditoria, limitando la fruizione di prodotti di altissima qualità all’acquisto.

 

In molti dei casi presentati è da rilevare che solo in alcuni viene specificata la possibilità di interagire a livello di codice sorgente, mentre in una logica prettamente economica viene data maggiore rilevanza al fatto che sia possibile effettuare il download gratuitamente o meno.

 

 

 

 

Conclusioni

 

 

Da questa breve “navigazione” nel mondo dell’informatica e sulla gestione della conoscenza attraverso il software in ambito scolastico possiamo avanzare alcune considerazioni.

Innanzitutto sembra che la scuola stia giocando la sua legittimità e credibilità, in quanto istituzione deputata alla formazione della persona in un contesto di complessità sociale, culturale e della comunicazione, nell’insegnamento delle nuove tecnologie. Infatti rimangono sullo sfondo questioni di cruciale importanza per lo sviluppo critico e metacognitivo, riducendosi l’insegnamento delle nuove tecnologie e mero addestramento tecnologico, così come rimane sullo sfondo un dibattito ancora troppo marginale sul copyright-copyleft.

Sarebbe importante, pertanto, una sensibilizzazione sui temi etici e di politica economica sollecitati dalla presenza indiscutibilmente predominante di Microsoft ed, infine, dotare le singole scuole di professionalità che sappiano orientare e problematicizzare la scelta del software. Anche in questo settore, anzi soprattutto in questo settore, si rende più che mai necessario lo sviluppo di una mentalità o habitus flessibile, aperto alle diverse esperienze di programmazione e ad uno scambio di informazioni che rimanga reticolare e non a senso unico come vorrebbe il monopolio dell’industria informatica.

In definitiva, nell’insegnamento delle abilità informatiche non bisogna dimenticare che il computer è un artefatto cognitivo e che come tale modifica e interagisce con il pensiero. Una dinamica psico-culturale che ha i suoi limiti nelle “forme” di utilizzo e di scelta di utilizzo della programmazione stessa. Sarebbe pertanto auspicabile almeno una maggiore trasparenza per cui l’utente dovrebbe almeno essere informato che il computer come “applicazione” nasconde risvolti di tipo culturale da cui non è più possibile prescindere.

In questo contesto ci sembra più che mai opportuno concludere con le parole di un testo per l’informatica nel momento in cui ha scelto determinate strategie e metodi di organizzazione del testo:

 

“Sovente si sente sostenere che scopo di un testo (e di un corso) di introduzione all’informatica è di “insegnare a usare il calcolatore”: ma, come abbiamo già notato, non è così chiaro cosa possa effettivamente significare saper usare un calcolatore. Saperlo impiegare in quanto oggetto fisico (cioè saperlo accendere e spegnere, saper connettere una stampante…)? Saper predisporre al funzionamento (cioè installare e configurare, come si dice nel gergo dell’informatica) un sistema operativo o un programma? Essere in grado di utilizzare in modo appropriato uno o più programmi applicativi? Saper “navigare” in Internet? Conoscere uno o più linguaggi di programmazione? Saper progettare o gestire un sistema informatico aziendale?

La risposta a questo genere di domande è complessa: le tecnologie dell’informazione e della comunicazione sono tuttora in forte evoluzione e si sovrappongono parzialmente con varie altre discipline”.



[1] Per “codice sorgente” si intende il codice in linguaggio di programmazione grazie al quale è possibile capire la struttura del software ed eventualmente modificarlo e correggerlo.

[2] Dal sito http://www.exedre.org/home.shtml di Emmanuele Somma

[3] GNU è un acronimo ricorsivo per “GNU’s Not Unix”. Il Progetto GNU è stato lanciato nel 1984 per sviluppare un sistema operativo Unix-compatibile completo che fosse software libero: il sistema GNU. Varianti del sistema operativo GNU, che utilizzano il kernel Linux, sono ora ampiamente utilizzate; anche se a questi sistemi ci si riferisce spesso come “Linux”, essi vengono chiamati con più precisione sistemi GNU/Linux.

[4] E’ stato rilevato (Bernardo Parrella in http://www.apogeonline.com/webzine/2004/12/30/05/200412300501): “Il fatto che questa licenza consenta a chiunque di visionare, modificare e ridistribuire (sempre sotto GPL) il codice sorgente è stato il grimaldello che ha scardinato pratiche (e concetti) ormai dati per scontati, quelli basati sul modello proprietario, grazie anche alla nascita di un’agguerrita comunità di programmatori in ogni paese del mondo. Tendenza rapidamente replicata ben oltre l’informatica, dall’editoria specializzata alla ricerca scientifica, e che, c’è da scommetterlo, proseguirà ancora a lungo nel tempo”.

Inoltre, dal manifesto della GNU GPL: “Le licenze per la maggioranza dei programmi hanno lo scopo di togliere all’utente la liberà di condividerlo e di modificarlo. Al contrario, la GPL è intesa a garantire la libertà di condividere e modificare il free software, al fine di assicurare che i programmi siano “liberi” per tutti gli utenti”.

[5] http://creativecommons.org/licenses/by-nd/2.0/it/legalcode

[6] Scrive ancora Aliprandi: “Si creava così una dicotomia, tuttora insanata, fra conservatori (fedeli al paradigma originario voluto dalla Free Software Foundation) e innovatori (aperti alle nuove prospettive di marketing). Una divisione spesso puramente teorica e basata su argomentazioni etico-filosofiche, dato che nella maggior parte dei casi il software “open source” è anche “free software” e ad ogni modo si tratta di due mondi paralleli che tra l’altro si dirigono nella stessa direzione”.

[7] Per citarne alcune: la Open Publication License, la OpenAudio License, la OpenMusic License.

[8] Vedi http://www.linuxdidattica.org/docs/nanolinux/nuovo_nano_finale_22.html

[9] Idem

[10] http://linuxdidattica.org

[11] A questo proposito mi sembra significativo l’intervento di Emmanuele Somma (http://www.exedre.org) dal titolo Liberté, egalité, fraternità: software libero, dove, tra l’altro, sostenendo la proposta dei francesi a porre il software libero sotto l’egida dell’UNESCO, evidenzia che “il Software Libero pone una fondamentale questione di libertà, di eguaglianza e di fraternità”.

[12] Massimo Piai, Le TIC: un’esperienza didattica con NanoLinux, in http://www.linuxdidattica.org/docs/altre_scuole/

[13] Il Progetto interministeriale “Nuove Tecnologie e Disabilità”, cofinanziato dal Dipartimento per l’Innovazione Tecnologica della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero della Pubblica Istruzione, è articolato in sette azioni, indipendenti ma coordinate, che hanno l’obiettivo di integrare la didattica speciale con le risorse delle nuove tecnologie, al fine di sostenere l’apprendimento e l’inclusione nella scuola degli alunni in situazione di disabilità.

 

[14]http://www.pubblica.istruzione.it/dg_studente/ufficio1/tecnologie_disabilita.shtml

[15] http://www.eiao.net/

[16] Legge 9 gennaio 2004, n. 4


Bibliografia

 

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http://www.apogeonline.com

http://creativecommons.org

http://www.edscuola.it

http://www.exedre.org

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http://www.eiao.net/

http://www.erickson.it/erickson/home.do

 

AA.VV, Introduzione ai sistemi informatici, McGraw-Hill, 20053 Milano

AA.VV., Imparare con il digitale, Carocci Faber, 2005 Roma