...sbirciando con Anarkikka...

Nel nostro Paese è sempre più profonda la differenza culturale di genere. Le donne raggiungono livelli più alti d'istruzione rispetto agli uomini, ma fanno sempre più fatica a raggiungere ruoli di responsabilità. La cultura del merito viene ancora prevaricata da quella del clientelismo, del business e del mantenimento di privilegi. La Costituzione tradita tutti i giorni anche quando la maternità, che dovrebbe essere considerato un valore di per sè, diventa un ostacolo alla realizzazione del proprio sè. 


La mano viene armata da un sentimento comune e alquanto diffuso di controllo sul corpo della donna, sempre più oggetto di piacere e sfruttamento. Nelle famiglie non c'è abbastanza protezione, la mentalità pervasiva dei mass media compie il suo crimine; la donna, proprio lì dove cresce il suo nido, trova il martirio. L'uccisione e le violenze sono tante che non si può parlare più di casi isolati. Per fortuna c'è anche una legge che considera i delitti contro le donne come delitti contro la persona umana. 


Si deve parlare di femminicidio, il fenomeno è ormai dirompente e interessa ogni fascia sociale. Ma è importante che a prenderene coscienza siano le donne e gli uomini. La violenza è una forma d'impoverimento, di abbruttimento dell'umanità. Impedisce lo sviluppo armonico delle persone e dei contesti di vita.


Le violenze sulle donne rimangono ancora tra le mura domestiche, è la donna stesa a giustificarle e a sottovalutarne la gravità. Subisce giorno dopo giorno finchè la sua vita diventa un niente nelle mani dell'aggressore, marito o amante o compagno. Non c'è dunque nessun raptus di follia, ma paura e continui attacchi all'autostima della donna che ne affievoliscono la determinazione. Fino alla morte.


Le informazioni mass-mediatiche reificano una mentalità maschilista e retrograda in cui si tenta a giustificare l'atto violento, la stessa soppressione di vita della donna. Solo se ci soffermiamo sui titoli notiamo che ancora si definiscono tali omicidi come "passionari", laddove amore non è. 



Grazie a Stefania Spanò per avermi concesso di utilizzare le sue lungimiranti e incisive vignette, un vero e proprio arsenale cui attingere per ri-pensare questo terribile fenomeno di violenza