Lungo la strada...prevenzione e sicurezza

Arginare i comportamenti a rischio

Oggi una tappa significativa del nostro percorso iniziato drammaticamente nell’ottobre del 2013 con l’incidente che ha falcidiato due ragazze, Erika e Maria. Un episodio che ha scosso la comunità e che deve continuare a rimanere memoria così come dobbiamo ricordarci di tutte le vittime cadute sull’asfalto del nostro territorio. Tante. Troppe. Ma non vogliamo ricordarle solo nel lutto, non vogliamo rimanere in una sorta di paralisi del dolore anche se le ombre lasciate dalla morte e dalla sofferenza sono tante. Invece, proprio perché ogni ombra è in fondo figlia della luce, speriamo che da questi eventi tanto traumatici, inspiegabili, si apra un senso nuovo del nostro essere cittadini, una nuova consapevolezza di cittadinanza.

Il 29 marzo 2017 la Commissione Trasporti alla Camera dei Deputati ha approvato una proposta di legge d’iniziativa dei deputati per l’Istituzione della Giornata nazionale in memoria delle vittime della strada. Una giornata è scritto nella legge, “dedicata a ricordare i milioni di persone uccise o ferite sulle strade, le loro famiglie e le comunità e al contempo a rendere omaggio ai componenti delle squadre di emergenza, agli operatori di polizia e ai sanitari che quotidianamente si occupano delle conseguenze traumatiche della morte e delle lesioni sulla strada”.

La memoria è dunque il primo passo per un’identità comunitaria fondata sulla solidarietà e il rispetto della persona e oggi possiamo ben dire di ritrovarci qui, istituzioni civili e religiose, forze dell’ordine, associazioni di volontariato, singoli cittadini, percependo gli stessi valori.  Lungo questo percorso molti di noi hanno compreso che la strada è un tema/problema in cui s’incrociano sinteticamente, per una strana coincidenza, questioni sociali, culturali, politiche. La strada non comporta solo un problema di messa in sicurezza che pure è fondamentale e prioritario, perché l’elemento umano, con tutte le sue variabili di fragilità, non è completamente controllabile. E non lo è soprattutto in zone ad alto rischio di illegalità, dove i giovani risentono di un disagio sociale diffuso e scelgono le trasgressioni facili cedendo all’abuso d’alcool e all’uso di stupefacenti. In questo contesto neppure la repressione ha i suoi effetti. Riteniamo invece che la prevenzione, una prevenzione a tutto tondo che sia orientata all’inclusività sociale e al rispetto dell’ambiente, che non sia quindi solo di educazione stradale, debba essere potenziata sia a livello scolastico che extrascolastico con il coinvolgimento delle famiglie. La posa di una targa a ricordo delle vittime della strada, se risponde ad un’esigenza di identità collettiva nel mantenere il ricordo, assume un significato pieno solo se si riescono a modificare comportamenti a rischio. Da qui l’importanza di progetti istituzionali che spero l’amministrazione comunale di Acquappesa ponga in essere in un futuro prossimo per bloccare sul nascere i rischi sociali che causano incidenti. In definitiva, se dovessimo appellarci ad uno slogan oggi diremmo: “Rispettiamo i limiti di velocità e il codice della strada perché liberi di farlo”.

 

 

La targa viene posta dall’istituzione civile e da quella religiosa. Si dovrebbe comprendere appieno il significato di questo gesto congiunto: coerenza per il credente che avverte la necessità di concretizzare in azioni quotidiane a difesa della vita la propria fede; accoglienza da parte dell’amministrazione comunale di un’esigenza che proviene dalla base, dai cittadini per esprimere valori di rispetto della persona e della vita. Con i ragazzi del catechismo delle medie abbiamo cercato di approfondire questi aspetti che sono stati sintetizzati nella scelta di in un versetto preso da 1 Gv, 3,18 (Non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità).

Su questi aspetti che appartengono ad una società laica che comunque ha come fondamento aspetti di religiosità cattolica ci sarebbe tanto da dire… Mi accontento in questo contesto ribadire l’importanza di condividere esperienze comuni e di dialogo contro un mondo sempre più individualizzato, indifferente e che premia l’efficienza facendo diventare miti la velocità, la potenza, lo sviluppo economico e tecnologico, il profitto. Le vittime della strada, a ben vedere, sono vittime di questo processo che lascia l’umanità in secondo piano. E la crisi economica che si presenta sempre più come crisi di ideali e povera di relazioni costruttive partorisce povertà che si esprimono nel disagio socio-economico, nella trasgressione e in forme di delinquenza comune o organizzata.

 

Su questo terreno lavorano sia Angelo Serio che Antonello Grosso la Valle. Sono due figure della nostra realtà che stanno cercando di smuovere comportamenti disfunzionali sociali e individuali. In modi diversi, ma che trovano un punto d’incontro nella creazione di reti, forse unico sistema di prevenzione sociale e di sviluppo economico che può migliorare la qualità di vita del meridione e in particolare in questi territori. Al di fuori della rete che rispetta relazioni democratiche e amplia la democrazia stessa in forme di partecipazione attiva, cosa rimane? Disuguaglianza, relazioni di potere, clientelismo, autoritarismo, mafia.

 

Francesca Rennis

19 novembre 2017