Una vacanza a Roseto degli Abruzzi

Ho portato con me solo alcune delle cose che avrei voluto a testimonianza della breve permanenza estiva a Roseto. Oggetti per me pregnanti di significato che avessero la capacità di rievocare le emozioni, i colori, i suoni, l’essenza di quella realtà che oltre ad essere tipicamente rosetana recupera i caratteri più genuinamente abruzzesi.

La foto del mare Adriatico con sullo sfondo un antico trabocco, un piccolo Buddha di legno comprato da un nigeriano, un portamatite in ceramica decorato secondo l’arte di Castelli rappresentano il segno tangibile di questo passaggio a Roseto. Avrei voluto raccogliere una rosa da far essiccare per il mio diario di viaggio, ma contrariamente a quanto ci si aspetta, per la “città delle rose” sono introvabili, così come avrei voluto portare con me il sorriso delle persone che ho conosciuto in un fugace incontro parrocchiale.

Immagini diverse, dunque, quella del trabocco, del piccolo Buddha di legno e di decorazioni fiorite che dalla mia scrivania mi permettono di ripercorrere col pensiero l’esperienza di circa un mese fa….

Un’esperienza che mi portò alla ricerca di similitudini con il mio paese di provenienza, Acquappesa, e che mi fece valutare ancora una volta quanto la bellezza non sia tanto nelle cose quanto nella loro differenza. La prima impressione che ebbi di Roseto la devo alla luce avvolgente, ma non accecante, al tepore delle lunghe mattinate, all’apertura degli spazi tra il mare e le dolci collinette di Monte Pagano. La meraviglia di veder sorgere il sole dal mare con le sue mille sfumature di rosa mi riportava comunque alla mente il rosso tramonto del mio mare azzurro ghiaccio. E seppure mi ostinassi a cercare affinità e somiglianze nell’ambiente naturale riuscii solo a notare differenze che proprio per questo mi rendevano quei luoghi più attraenti e piacevoli. Mi sorpresi a pensare alla possibilità di unire i due luoghi con un viaggio alla ricerca di radici comuni correndo dietro al sole: dall’alba di Roseto al tramonto di Acquappesa.

Ricercando tra le cose tipiche del posto, questi sentimenti sono convogliati nella figura del trabocco che si spinge sul mare quasi a significare quel profondo legame che unisce la natura all’istinto di sopravvivenza umana. Un simbolo di antica e non arrogante” imprenditorialità “ in sintonia con l’inafferrabile forza del mare.

Il piccolo Buddha intagliato nel legno da indigeni africani mi fa ricordare il volto nuovo di questa cittadina, che non sfugge alle contraddizioni dell’imperialismo globalizzante, percettibile nei volti umani dei molti venditori ambulanti provenienti dall’Asia e dall’Africa. Una presenza “scomoda” in tempo di vacanze, una “nota stonata” tra il benessere e il divertimento ricercato: simboli viventi di come il viaggio possa assumere anche le forme di un evento drammatico e, nello stesso tempo, una ricchezza ancora inconsapevole per la città.

Il portamatite in ceramica dipinta a mano, donatomi da mia sorella e per questo più vicino al mio cuore, segna i traguardi artistici e commerciali raggiunti a fatica dai paesi amati dal D’Annunzio. Sintetizza l’evoluzione dell’estetica locale e la ricerca di equilibri seppure fragili e provvisori tra memoria storica e complessità del presente.

Così ho vissuto Roseto: una cittadina in continuo fermento volta alla ricerca di una nuova identità che, seppure ancorata alla sua tradizione marinara e contadina, cerca di sperimentare nuovi sentieri per divenire in modo consapevole, e questo è il mio fervido augurio, un baricentro di incontri fecondi e promettenti tra le diverse culture.

 

Francesca Rennis