La casa di Ioio - Arcipelago Sagarote Onlus

Le differenze superate con la Terra e con la Paglia - Il coraggio di una mamma

Confrontarsi con la diversità è un arricchimento. Una fatica, certo, ma soprattutto un incontro che risplende del fascino del mistero. Alzare lo sguardo verso chi ha percezioni diverse dalle tue e guarda il mondo con occhi diversi modifica sentimenti, opinioni, appella ad un divenire di responsabilità e di condivisioni. E quando si diventa insegnanti di sostegno lo si rimane sempre anche in ambienti e situazioni in cui di fronte non hai un diversabile perché ormai l’altro si intuisce e percepisce nella propria diversità, nelle forme di unicità e irripetibilità che pretendono rispetto e ascolto. In questo percorso ho incontrato i genitori degli studenti che ho seguito, anche se l’incontro con Luciana realizza un sogno, quello di vedere negli occhi di un genitore l’accoglienza indiscriminata di una vita solo per il fatto che è vita. Penso che molti studiosi di pedagogia non potrebbero fare a meno di storcere il naso leggendo la sua testimonianza nel momento in cui distingue specie e razza, ma Luciana lo ha fatto considerando l’appartenenza di suo figlio al genere umano in una condizione di diversità che dal punto di vista biologico potrebbe essere legittimata. La sua forza è comunque etica. Quella di una mamma che scopre nella stessa diversità del figlio il vantaggio del vivere quotidiano. In un dialogo continuo di ascolto non programmato da leggi o norme, ma dal semplice riconoscimento amorevole di una esistenza lontana dal coro, dall’omologazione, dalla riduzione al pensiero convergente. La sua è un creatività che si esprime ogni giorno nelle cose che fa in un continuo rimando tra natura e trasformazione del percepibile, oltre la parola, oltre il silenzio stesso. Tutto ciò, ne sono convinta, è bellezza.

 

Francesca Rennis

 

 

CONDIVIDERE LE SPECIE

Testimonianza di Luciana Virginia Pasetto all’UniCal il giorno 13 gennaio 2012 nel corso si un seminario di Pedagogia della Resistenza alla quale hanno partecipato i proff. Michele Borrelli e Gianca

Mi chiamo Luciana Virginia Pasetto. Attualmente presidente dell'associazione Onlus nominata Arcipelago Sagarote.

Ha sede sulle colline di Diamante. Al mare. Un bel posto. Da cinque anni vivo lì. Il motore é un adolescente di 16 anni, mio figlio Gregorio, che appartiene alla razza dei portatori di Sindrome di Down. Che a loro volta appartengono alla grande specie dei portatori di handicap.

 

Sono onorata di vivere con lui, io che appartengo invece alla specie dei non portatori di handicap.

Lui e la sua specie mi hanno invitata nel loro mondo. Lo hanno fatto senza parlare. Con un cenno che potessi riconoscere. Ho visto quel cenno e sono entrata.

Loro invitano tutti, quelli della mia specie, per ognuno un cenno diverso.

Loro però hanno un grande problema. Quel cenno non viene mai riconosciuto.

O poco.

In qualche modo però le due specie devono convivere perchè si completano.

Non esiste cioè la specie dei non portatori se non c'è quella dei portatori e viceversa .

Mi sono chiesta: perchè quel cenno viene poco riconosciuto?

E mi sono data una ipotetica risposta: tra quel loro cenno e la specie dei non portatori c'è [è uno strato invisibile ma che ne impedisce la visione e quindi il contatto.

Emozioni fastidiose come: imbarazzo, vergogna, paura, impazienza, supponenza, pigrizia e tutte le altre correlate hanno nei secoli formato quello strato.

Noi 'non portatori' che siamo abituati fin dalla nascita a 'non portare', non abbiamo nessuna intenzione di accogliere, riconoscere quel cenno per paura di essere coinvolti correndo così il rischio di portare qualcosa anche noi assieme a loro.

Il fatto è che anche noi portiamo comunque qualche cosa. Solo non si vede.

Noi portiamo dentro. Loro portano fuori.

 

Quel cenno d'invito che loro fanno vuole dire:

 

aiutiamoci vicendevolmente a portare.

 

Noi vi aiutiamo ad alleggerire il vostro peso interiore e voi ci aiutate ad alleggerire il nostro esteriore.

Ogni volta che un cenno non viene visto e quindi rilanciato lo strato si rafforza per cui la sua solidità è inversamente proporzionale al tempo che passa.

 

Scavi recenti hanno portato alla luce lo scheletro di un uomo dei Neanderthal, età stimata alla morte di 25 anni (l'età media di vita era 35 anni).

 

L'uomo era chiaramente disabile, privo di un arto inferiore. Lo scavo ha rilevato scheletri di persone appartenenti ad un villaggio ipoteticamente colpito da catastrofe naturale. Il ritrovamento visto dall'alto, poteva sembrare una sorta di mandala, con al centro quell'uomo che non poteva correre protetto da tutti gli altri uomini e donne di quel villaggio. Tutto il villaggio attorno a lui. (fonte: Z.Bauman La società liquida)

La 'cura' e non la terapia dei disabili risale alla preistoria, addirittura a 500.000 anni fa. Nemmeno i nostri più lontani antenati hanno mai abbandonato un figlio disabile. (fonte:Alessandro Bolla)

Alcuni studi di paleoantropologici spagnoli sui resti di un ragazzo di 12 anni vissuto più di 500.000 anni fa provano che il ragazzo era affetto da una malformazione delle ossa del cranio che ne impediva la normale crescita del cervello. Il ragazzo faceva parte di una comunità di Homo heidelbergensis, antenati dell'uomo di Neanderthal arrivati in Europa più di 800.000 anni fa.

Si tratta questo del primo ritrovamento di scheletro umano con segni evidenti di deformità all'interno di una comunità ,evidente che questo ragazzo, è stato dipendente completamente dagli altri membri del gruppo. La diversità pertanto, non era rifiutata ma accolta e accudita in modo spontaneo.

 

Lo strato invisibile ancora non c'era.

 

Innumerevoli sono stati i tentativi per demolire questo strato invisibile.

Don Milani e la scuola di Barbiana era un vero e proprio collettivo dove si lavorava tutti insieme e la regola principale era che chi sapeva di più aiutava e sosteneva chi sapeva di meno, 365 giorni all’anno.

Con queste riflessioni voglio portare l'attenzione sull'aspetto umano umanitario in ambito della Pedagogia speciale, che si propone di accompagnare nella vita soggetti speciali.

L'aspetto umano di questa missione deve assolutamente essere complementare all'aspetto tecnico e terapeutico della stessa.

Per farla breve, quello strato invisibile, generato dall'avvento della civiltà va smantellato, basta poco, affidatevi a loro, ai soggetti speciali, vi aiuteranno a farlo. Occorre dar loro fiducia.

 

Arcipelago Sagarote ha fatto proprio questo: ha intrapreso questo utopico percorso, attuando una serie di azioni veicolate dal luogo in cui l'associazione ha sede.

Attività che diventano luogo privilegiato per l'incontro e l'interazione: caratteristiche fondamentali per educare all'empatia ed alla condivisione emotiva dell'individuo nel gruppo.

 

Ecco che facciamo assieme il pane gustando il significato del lavoro partecipato, ecco che, camminando assieme agli asini, ci abituiamo ai tempi e ai modi dell'altro, ecco che, coltivando la terra, la conosciamo e riscopriamo il linguaggio più antico, quello della natura. Toccare la terra vuol dire promuovere attenzione e manualità sostegno reciproco per curare se stessi.

Ma a Sagarote entra in scena anche la Fiaba!

Infatti, secondo il modello individuato da Angela Sordano, psicologa clinica, la Fiaba è la rappresentazione della soggettività del bambino. La drammatizzazione della trama attraverso la tecnica dello psicodramma, permette di sperimentare soluzioni possibili ai dubbi della crescita e delle paure evolutive.

La narrazione dell'adolescente avviene attraverso disegni, azioni e parole, talvolta con strutture piuttosto brevi ma comprensibili. Nella letteratura psicoanalitica e nella psicologia dell'età evolutiva le immagini, come il linguaggio del corpo e il gioco spontaneo, hanno una valenza narrativa, sono dei testi visivi con proprie categorizzazioni logiche simili al codice linguistico. Nell'adolescente “le storie nascono dalla sua creazione personale, dalla sua scelta, dalla libertà offerta nella terapia. Per aiutarlo a dare un senso è necessario porsi al suo livello che è quello narrativo”.

E i colori dei materiali riciclati, pelli, lane e tessuti, vecchi giornali e altro ecco che diventano non più scarto ma strumenti per liberare la creatività.

Il progetto della " Casa di Ioio" è stato lo strumento per dare voce e visibilità alle persone più diverse, sia per vissuto che per abilità Così accanto a Gregorio hanno interagito in piena empatia bambini di diversa etnia, ragazzi di una casa famiglia del luogo, ed adulti(l' Arcipelago ha ospitato per un certo periodo una mamma ROM con i suoi bambini). La casa, non raramente luogo di segregazione e/o isolamento fisico e psicologico nella nostre città, diviene il luogo del vivere quotidiano, dove accogliere le diverse esigenze, nel rispetto reciproco. Dunque,la casa è anche la BASE, il luogo da cui partire per l' esplorazione della realtà circostante. Al di là di tante differenze, gli animi si avvicinano col riconoscere le esigenze e col condividere l' immaginario della propria CASA. Attraverso il FARE si impara una tecnica ma, soprattutto, si impara ad ascoltare, a riconoscersi a costruire il proprio SE'.

Insomma, a divenire individui consapevoli e presenti.

 

 

 

ASS.ARCIPELAGO SAGAROTE

CONTRADA SAGAROTE

DIAMANTE CS

347 9208309 3403678369

VIRGO47@libero.it

 

 

 


Primavera tra le piante officinali....