Tra onirico e immaginazione. L'arte di Michele Tortorelli

Quando i segni traboccano i limiti della comunicazione tradizionale diventano arte, mimetizzano il pensiero trasformandolo in oggetti che parlano del sé e della propria esperienza umana. Lo notiamo nelle espressioni originali di Michele Tortorelli. Dopo essersi messo alla prova in una decina di collettive, da cui ha ricevuto notevoli gratificazioni, si è misurato in diverse mostre personali. Poesia e fantasia in linee serafiche, dense di colore, mentre un eco alle saghe classiche ripropone sentimenti e passioni di sempre. Per suscitare suggestioni sempre nuove usa tecniche diverse. E, come afferma, l’idea di sperimentarne sempre di nuove lo affascina. “Ho disegnato anche su carte metalliche con gli evidenziatori, con le cere diluite con la benzina e con qualsiasi mezzo che abbia dei pigmenti colorati (rimmel, ombretti, fiammiferi bruciati etc.). Ho lavorato con le tempere e i gessetti, con le matite, con i carboncini e le vinacce”. E l’occasione per esprimersi nasce nel quotidiano, non più banale. “I miei quadri nascono, come bozze, in qualsiasi momento, sul lavoro, al ristorante, mentre parlo al telefono o sono impegnato in noiose riunioni. Le bozze che trovo interessanti vengono successivamente sviluppate e generalmente stravolte”. Michele Tortorelli è nato a Potenza nel luglio del 1956, ma vive a Cosenza, dove i tanti amici che apprezzano i suoi lavori lo hanno spinto a condividere i suoi lavori in una mostra. Il suo logo è rappresentato dal volto funebre di Alarico con l’acqua del fiume che gli scorre sopra. Un lavoro in china dai tratti decisi che sintetizza, oltre la morte, desiderio ed esplosione di energia. “Ci sono linee – spiega in versi che accompagnano la mostra - che ebro mi bruciano. Come neuroni dispersi. Come prismi di occhi che alterano la realtà. I sogni sono atomi di verità. Le parole sono maschere e tu nasci all’infinito replicando la tua bellezza ogni volta per un istante”. Un salto nell’onirico e in percorsi dell’immaginario che scuotono i torpori di un pensiero sempre più omologato e impoverito della moderna quotidianità.

i disegni qui ripresentati sono stati esposti in una personale a Rende promossa dall’associazione culturale “Club della grafica”.

 

Francesca Rennis