La musicalità "esoterica" della Divina Commedia

Ed. Zona Contemporanea, 2015
Ed. Zona Contemporanea, 2015

Per quanto possiamo sforzarci di comprendere e apprezzare un testo come la Divina Commedia, ne percepiamo pur sempre una certa lontananza, un qualche elemento sfuggente, sfocato, difficile da mettere a fuoco per i nostri occhi di contemporanei immersi in forme culturali sempre più disciplinari e ghettizzate, e così possiamo solo lontanamente intravedere la sovrapposizione di tensioni, paradigmi e conoscenze di quel tempo. Il testo di Adriana Sabato apre un varco in questa dimensione “composta” e “composita” della Divina Commedia dantesca.

 

Lo intravede, forse ancora in lontananza, ma indica una strada ancora da esplorare pienamente. Quella di individuare il sostrato culturale, originario, da cui derivano assonanze e dissonanze musicali dei versi. Laddove, ad esempio, raccoglie i richiami a voci pitagoriche e agli aspetti polisemici dei versi.

 

L’uomo del Medioevo era affascinato dalla magia e dall’esoterismo con i quali spiegava – recuperando nei fondamenti conoscitivi le dottrine platoniche e soprattutto plotiniane - gli influssi sulle vicende umane con una sorta di “simpatia universale”. La musicalità, che viene tanto egregiamente enfatizzata dall’autrice, presenta tali risvolti nei richiami all’armonia delle sfere entro la quale Pitagora definiva il numero come principio di tutte le cose.

 

 

L’attenzione alla musicalità apre, dunque, la strada a interpretazioni più calzanti all’uomo medievale.

 

D’altra parte, lo stesso Dante si avvicinò all’esperienza esoterica assumendo, dicono alcune fonti, ruoli importanti entro la società segreta della Fede Santa, dopo che aver fatto anche parte dei Fedeli d’Amore.

 

Litografia di M. Caetanei, 1855
Litografia di M. Caetanei, 1855

 

La lettura esoterica della Divina Commedia è piuttosto consolidata nella storia della letteratura italiana ed estera, anche se passata in secondo piano, se non spregiata come avvenne per i quattro saggi di Giovanni Pascoli su Dante, pubblicati postumi nella collana Tois sebastikois (“ai venerabili” come venivano denominati i maestri pitagorici) dell’editore romagnolo Walter Raffaelli. Studi di impronta esoterica che interessarono anche Ugo Foscolo nei suoi Studi su Dante, Gabriele Rossetti che scrisse una poderosa quanto introvabile opera, Il mistero dell’amor platonico del Medio Evo, derivato dai misteri antichi del 1840, Francesco Perez Sulla prima allegoria e sullo scopo della Divina Commedia, nel suo discorso a Palermo (1836), ne La Beatrice svelata: preparazione all’intelligenza di tutte le opere di Dante Alighieri. Stesso taglio di lettura anche da parte di Michelangelo Caetani, duca di Sermoneta, che dedicò a Dante numerose e pressoché sconosciute monografie sulla “ascosa dottrina” della commedia dantesca, e  sei tavole litografiche colorate a mano su La materia della Divina Commedia di Dante Allighieri (Roma, 1855), scrivendone anche lettere con Giambattista Giuliani, Carlo Witte, Alessandro Torri ed altri illustri dantofili come dimostra il robusto carteggio giunto fino a noi.

Tra gli ultimi che legarono il linguaggio dantesco al suo spirito esoterico vi sono Luigi Valli con Il linguaggio segreto di Dante e dei fedeli d’amore, René Guénon con L’Esoterismo di Dante, (Atanòr, Roma, 1976)  e Titus Burckhardt con il testo Sur la Divine Comèdie de Dante, expression de la sagesse traditionnelle in Science moderne et sagesse traditionnelle (Archè, Milano, 1986, pp. 127-155). 

D’altra parte, l’opera, come è risaputo, è densa di simbolismi e metafore e visioni prese in prestito da quel mondo di cui giungono a noi degli echi che oggi hanno assunto forme specialistiche distinte, così diverse da quelle unitarie del mondo dantesco.

 

Non è neppure un caso che nella parte finale del paradiso Dante prenda come guida S. Bernardo di Chiaravalle, colui che ispirò la regola dei templari.

La ricerca che l’autrice definisce “psicoacustica” può essa stessa considerarsi un rimbalzo di quell’esoterismo per i riflessi magici con cui ritmi e toni agiscono sulla nostra coscienza.

Adriana Sabato, in definitiva, prende le distanze da letture tecnicistiche dell’opera, mentre bisognerebbe cogliere i significati interiori che libera.

 

A sostenere questa lettura del pregevole testo, La musicalità della Divina Commedia, è anche la formulazione di “paesaggi sonori”, originari, che hanno accompagnato l’aurora umana. La musica e, in particolare la musicalità dei versi danteschi, operano una magia, è il caso di dire! Quella di far riemergere quei paesaggi sonori con i quali possiamo ancora confrontarci per sperare nel futuro.

Nel momento in cui a pag 37 descrive la produzione di dissonanze acustiche attraverso il “diabolus” tritono evidenzia anche la fertilità del dualismo fra il melodioso e il dissonante: «E in questa continua lotta fra il bene e il male, fra consonanza e dissonanza si nutre il moto musicale; questo scontro, questa lotta fra forze opposte, come in un moto perpetuo, dà forza ed energia al movimento musicale». E’ la descrizione di un mistero vitale, che si traduce anche esteticamente nella bellezza o nella bruttezza.

La stessa melodia evocata dalla parola nei canti del sommo poeta, i paesaggi stridenti dell’inferno e quelli armoniosi del paradiso, richiamano ad un musica che, secondo l’autrice, abbiamo rinunciato ad ascoltare perché immersi in paesaggi caotici, frenetici, costruiti sul profitto e sulla tecnologia, ma di cui dovremmo riappropriarci trasformando, con la creatività, consumismo ed egocentrismo in solidarietà e tutela della bellezza.

 

Francesca Rennis