Il tormento di Ipazia

Il tormento di Ipazia, opera di Raffaele La Cava, icona del tramonto della paideia in occidente, come suggerisce il titolo dell'ultimo libro di Michele Borrelli, edito da Pellegrini. Perché tutte le volte che ha prevalso la violenza, la morte, il sopruso, l’annientamento della persona umana sulla ragione, abbiamo potuto constatare una sospensione del senso originario della paideia come senso di responsabilità, di forte pregnanza etica, di senso di appartenenza radicale al genere umano, sfondo umanistico che ha costituito il tratto specifico della cultura occidentale. Il tormento di Ipazia sta nella consapevolezza che la conoscenza è messa sotto scatto dal potere, dal fondamentalismo del vescovo Cirillo, di cui sarà ella stessa vittima. Matematica, astronoma e filosofa, rappresentante della filosofia neo-platonica pagana, insegnava nel prestigioso Museo di Alessandria, viene considerata martire del paganesimo e della libertà di pensiero.

 

 

 

L’enigmaticità di questa figura ci riporta forse ad un’altra aporia, quella espressa nel’acquaforte di Goya “Il sonno della ragione genera mostri”. Ad evidenziare come nella cultura occidentale il paradosso, l’aporia, il chiasmo siano le figure più appropriate per tenere insieme una dialettica tra razionalità e irrazionalità, giusto e ingiusto, bene e male, Eros e Thanatos potremmo dire con Freud, democrazia e totalitarismo. Potremmo dire che il pensiero occidentale è per sua natura un pensiero dicotomico. Galimberti ci dice che, “proprio nel momento in cui (la cultura occidentale) sembra in procinto di occidentalizzare il mondo, avverte dentro di sé qualcosa che la erode, la corrompe, la consuma, fino a portarla al suo esaurimento, alla sua fine”. (Il tramonto dell’occidente, p. 11).

 

Nel contesto attuale vediamo il tramonto della paideia nelle continue contraddizioni della vita quotidiana.

 

Soffriamo la criminalità organizzata, la presenza di poteri forti all’interno dello Stato, le difficoltà di integrazione che avvertono cittadini ed immigrati, diversamente abili, omosessuali e soprattutto le donne. Il dialogo assume sempre più la forma di aggressione. Le risorse ambientali vengono consumate come se fossero eterne. Ci dimentichiamo che la nostra stessa esistenza è natura. Ogni cosa diviene strumento di consumo da cui pretendere un profitto. Imperversano i conflitti armati, lo spread è diventato il Golia di fronte al quale Davide non ha ancora trovato la giusta fionda. Manca il rispetto delle regole minime di convivenza. E questo sia a livello globale che locale.

 

Dovremmo seguire il suggerimento di Severino quando già nel 1968 scriveva: “Si comincia a prestare attenzione all’abissale impotenza della civiltà della potenza. Si comincia a scoprire la malattia mortale. Ma chi se ne preoccupa? L’occidente è una nave che affonda, dove tutti ignorano la falla e lavorano assiduamente per rendere sempre più comoda la navigazione e dove quindi non si vuol discutere che di problemi immediati e si riconosce un senso ai problemi solo se già s’intravedono le specifiche tecniche risolutorie. Ma la vera salute non sopraggiunge forse perché si è capaci di scoprire la vera malattia?” (Severino E., Sul significato della morte di Dio (1969) in Essenza del nichilismo (1982), p. 263).

 

Francesca Rennis